
Ero sull’isola e come per gioco, guardando dall’alto questi coriandoli colorati, ho cercato di capire se ci fosse un criterio con il quale i colori si ripetevano. Le case dell’Isola di Procida, incastonate nella roccia, abbarbicate senza soluzione di continuità l’una sull’altra, hanno colori pastello, talvolta accesi, che si ripetono con alternanza ritmica sapiente.
Ho scoperto che Procida fu per molti anni “bianca”, poche le case colorate, per lo più palazzi signorili.
Esiste un Piano del Colore, applicato dal febbraio 2015, per valorizzare e riqualificare l’aggregato urbano dell’isola. Le tinte si ripetono secondo una maglia studiata e ben precisa. Il colore si può dire ha cambiato la città.
L’insieme è armonioso, nulla al caso; la regola c’è, ma l’occhio fatica a vederla.

Procida mi fa pensare a Pablo Neruda; dalla raccolta “Tentativo dell’uomo infinito “ ecco alcuni versi:
“Quando avvicino il cielo con le mani per svegliarmi [completamente
le sue umide zolle la sua rete confusa si scioglie
i tuoi baci si appiccicano come chiocciole alla mia schiena
gira l’anno dei calendari ed escono dal mondo i giorni [come foglie
sempre più sempre più al nord stanno le città incompiute
ora il sud bagnato crocicchio triste
dove i pesci mobili come forbici
ah solo tu appari nel mio spazio nel mio anello
a lato della mia fotografia come la parola sta infermo
dietro te pongo una famiglia svantaggiosa
raggiante mia salto apparentemente ora della mia distrazione sono curvi i tuoi parenti e tu con tranquillità
ti guardi in una lacrima ti asciughi gli occhi dove fui
sta piovendo all’improvviso la mia porta asta per aprirsi”